“Qui ed Ora” Antropologia Filosofica per vivere consapevolmente i Cammini in Natura.

Alcuni estratti del compendio "Dalla Roccia al Samadhi"

di Damiano Tullio

Un Saggio di Ricerca in Antropologia Esistenziale  dedicato al ruolo delle attività in Natura,  dall'Alpinismo alla Meditazione in Cammino, come strumenti di Consapevolezza e Cura dell'Anima.

 

Lassù provammo quel fascino quasi inestricabile di particolari sentimenti, che si suole chiamare il senso della vetta.

Il mondo esterno, l’interno e il cosmico si compenetrano a vicenda.

Alpinista Austriaco

Da “Fontana di Giovinezza”

2.1. Qui ed Ora

Nonostante la fisica quantistica abbia dimostrato che il nostro concetto di tempo è soltanto un’illusione percettiva,  gran parte delle nostre scelte, delle nostre azioni, pulsioni e desideri sono influenzati da moti che riguardano un ipotetico sviluppo futuro e un substrato di esperienze positive o negative vissute nel passato.  Anche i vangeli ci parlano dell’importanza della sfera temporale nella costruzione dell’animo dell’individu

“Non preoccupatevi dunque del domani,

                                                                                           perchè il domani si preoccuperà di sé stesso

       (Matteo, 6,24-34)

“Nessuno che abbia mai messo la mano   

                                                                                     all’aratro e poi riguardi indietro è

                                                                                          adatto al regno di Dio”

                                                                          (Luca  9-32)

Il mondo della mistica cristiana ed orientale è intriso di questi insegnamenti, Meister Eckart  considera il tempo come un ostacolo per la fede del cristiano:

“Il tempo è ciò che impedisce alla luce di raggiungerci.                                                       

Non vi è verso Dio ostacolo maggiore del tempo”[1]

 Il nostro essere dunque agisce  percependo costantemente l’illusione di poter agire in base a ciò che sarà domani o meglio che potrebbe essere, riflettendo in maniera consequenziale il nostro agire di oggi, il domani dunque è investito simbolicamente di aspettative, e con esse l’inevitabile ansia e timore per ciò che sarà.  Molti vivono la propria esistenza immersi in una dinamica leopardiana di un Sabato del Villaggio, fremendo per un futuro prossimo senza osservare l’attimo vissuto e così viene dimenticato dai molti l’assoluto ruolo dell’attenzione, dell’essere presenti alla propria esistenza.

Bisogna essere desti durante il nostro vivere il presente per osservare tutto ciò che la vita ha da offrire, una eccessiva coscienza verso il passato ed il futuro non ci permette di assaporare i singoli istanti fini a se stessi che una volta trascorsi non avranno più nulla da insegnarci. Per questo l’abbandono in natura è essenziale,  approcciando a tale filosofia i singoli istanti rappresentano il tutto, nella semplice osservazione di una foglia  il passato ed il presente non influenzano la nostra percezione temporanea del mondo perché  le nostre risorse sensoriali sono  totalmente impegnate nella assimilazione di ciò che la natura ha da insegnarci.

Lo sguardo,  il gusto, l’olfatto, l’udito tutto in natura si amplifica per meglio interpretare le informazioni che provengono dall’esterno, l’anima dell’uomo si nutre e si irradia di informazioni atemporali,  proprio per questo forse nei suoi celebri versi Thoreau utilizza una sintassi in cui il senso del gusto ha una valenza allegorica

“Andai  a vivere nei boschi perché volevo vivere in saggezza e profondità e succhiare tutto  il midollo della vita,  sbaragliare tutto ciò che non era vita e  non scoprire in punto di morte che non ero vissuto”[2]

 

Il poeta sembra volersi nutrire di questa bellezza sensoriale, assaporando a fondo la natura delle cose rimanendo profondamente presente a quella che l’esperienza esistenziale fatta di vissuto quotidiano,  questa è essenzialmente l’affermazione del momento. Non esiste parola  più adatta di “Adesso” per affermare il proprio senso di esistere ed essere al mondo.

Questo “Adesso” tuttavia va interpretato come una presenza attiva e non passiva, siamo al mondo come parti microscopiche di un macrorganismo  e come tali dobbiamo pensare coscientemente alla nostra collocazione temporale. È opportuno pianificare ed avere sogni e speranze, senza lasciare che la vita ci scivoli addosso e al contempo imparare  a governare tutti i moti dell’anima che ci rendono schiavi di paure future e frustrazioni e traumi passati.

Osservare e vivere la natura ci insegna  come vivere perduti nel presente e al contempo vigili sulle nostre intenzioni; la stasi dell’osservazione, della contemplativa perdita della presenza, ma al contempo la solidità delle scelte, la capacità di saper pianificare le nostre azioni in natura, il nostro documentarci su come muoverci in un determinato ambiente. Questo richiede un doppio lavoro di immaginazione, fatto di pianificazione e azione e ogni volta, come se fosse la prima, muoviamo i nostri passi in un Eden inviolato stimolati costantemente da colori, odori e sensazioni.   E al contempo pianifichiamo questo transitare, siamo demiurghi del nostro essere, progettando un’ escursione,  un percorso, un’avventura o una scalata. L’immaginazione viaggiando su una mappa o una fotografia  traccia delle linee estetiche ideali  da ripercorrere, la carta geografica diventa una grande tela su cui l’avventuriero ricerca la linea estetica più pura ed essenziale.

Questo processo richiede  cultura, studio, lucidità e documentazione, e dunque la presenza del qui ed ora diviene attiva e cosciente, quando progettiamo l’avventura e quando siamo effettivamente in natura il qui ed ora richiede una attenzione così profonda da non lasciare spazio alle proiezioni esterne riguardanti il passato ed il futuro, in questo modo tutti i sentimenti relegati alla sfera emotiva temporale vengono assopiti per favorire la completa attenzione ai dettagli del presente. Tutti i sensi cooperano attivamente, questo mi ricorda una discussione con un amico e compagno di arrampicate che un giorno con mia grande sorpresa mi rivelò di avere il mio stesso punto di vista.

“La progettazione di  un viaggio rappresenta per me la metà del piacere. Quando osservo una relazione scritta o una mappa mi proietto in una dimensione immaginifica onirica dove tutti i miei sensi sono coinvolti come se fossi già sul posto a vivere quelle esperienze, una sensazione completa, ben diversa da quella che si sviluppa in ambiente in cui i gesti e le azioni si susseguono non lasciando spazio ad altro, la mente è rapita e tutto scorre come se fosse un sogno. Durante queste esperienze quando possibile amo fare delle foto proprio per restituire ai miei sensi le emozioni vissute, e rendermi conto della loro potenza attraverso il ricordo”

Andrea Angelucci, Archeologo ed Alpinista

In nessun luogo come in natura è necessario vivere il presente, proprio perché essa è una realtà eccezionalmente estemporanea, vi sono fiori che sbocciamo solo pochi giorni l’anno, farfalle effimere  che vivono l’arco di poche ore, cascate di ghiaccio, vere e proprie cattedrali che con un semplice impennamento termico può sciogliere non appena il sole volge lo sguardo su di loro.

Tutto ciò che è intorno a noi ci racconta dell’impermanenza dell’essere uomini, del nostro fugace passaggio su questa terra, la nostra insignificante esistenza rispetto gli alberi secolari o le maestose pareti di granito immobili da milioni di anni.

Vivendo questo in maniera anche involontaria semplicemente nell’esserci sperimentiamo questa dimensione atemporale, anche il neofita a queste pratiche filosofico esistenziali è in grado di percepire il grande insegnamento della natura della sospensione delle attività psichiche riguardanti, il passato, il futuro e le problematiche legate alla dimensione temporale.

2.2. Il respiro e lo sguardo

Il respiro rappresenta la più grande risorsa del nostro corpo per il controllo della psiche. Le grandi discipline filosofiche orientali conferiscono al respiro un ruolo di primaria importanza per la conoscenza e controllo della propria interiorità. Nello yoga uno degli otto stadi essenziali per la conoscenza del praticante è il Pranayama.

La parola sanscrita Pranayama è  formata da due elementi: prana e yama; prana può essere tradotto come “forza vitale” e yama  come “disciplina”[3].  Stabilire una disciplina nel nostro respiro agendo profondamente sul tempo del qui ed ora conferisce una profonda coscienza del rapporto fra corpo ed emozioni, il corretto uso delle capacità diaframmatiche aiuta a gestire meglio i moti interiori favorendo il dialogo con se stessi.

Utilizzare la tecnica del pranayama in natura amplifica enormemente le nostre capacità respiratorie contribuendo ad una maggiore ossigenazione, la modalità consigliata in questi casi è una lenta respirazione nasale  partendo da una inspirazione che va a distendere in iperestensione  con modalità sequenziali la pancia , il torace e la gola[4]. Inversamente l’espirazione viene modulata svuotando prima la gola, poi il torace ed in fine la pancia, cercando di visualizzare l’ombelico che si retroflette fino ad andare a toccare la colonna vertebrale.

La respirazione può essere intesa come una tecnica meditativo-estatica da utilizzare durante la deambulazione come se fosse  un mantra, l’atto di inspirare ed espirare ciclicamente  ci accompagna nel nostro peregrinare in natura facendoci dialogare con la nostra interiorità anche quando siamo accompagnati da altre persone, al contempo quando ci incamminiamo solitari un prato o in un bosco la nostra solitudine non è completa, ascoltare il proprio respiro diventa un vero e proprio ascolto dell’essere[5].

 Per moltissime persone questo primo passo è assolutamente complicato ma decisivo, in quanto gran parte degli individui respirano in maniera completamente sbagliata, a causa di posture influenzate da cattive abitudini dovute alla routine e molto spesso da un rapporto conflittuale con la propria fisicità. Scoprire l’importanza del respiro per governare i moti della propria anima sviluppa in molte persone una vera e propria rivoluzione, una pratica scontata e propria di ogni essere umano diventa una conquista quando compresa nel suo valore profondo.

 Camminare e respirare due attività generalmente banali, si investono di un valore emotivo di riscoperta profonda, chi riesce ad individuare questo passaggio determinante  si riappropria di un ritmo ed un’armonia che a causa degli stili di vita dell’esistere contemporaneo sono andati completamente perduti. L’elemento base di questa disciplina è la calma e la lentezza, solo con un ritmo preciso e cadenzato si impara ad ascoltare il suono del nostro essere in quanto organismo psicofisico, giungendo all’ascolto del battito del proprio cuore.

Effettuando un movimento armonico in uno spazio definito in cui respiro, passo e battito cardiaco si compenetrano lo sguardo riveste una componente fondamentale, parte delle nostre capacità intellettuali sono orientate verso l’ascolto del proprio se, mentre la vista effettua una interpretazione radicale del mondo esterno.

In momenti di meditazione respiratoria in cui tutto appare molto più intenso, profondo, strutturato, le informazioni recepite dagli occhi vengono investite di un valore simbolico totalizzante, la maestosità delle rappresentazioni naturali unite a questo immenso senso di presenza, generano un senso di compenetrazione con il tutto che ci circonda; spesso interpretato da chi vive queste esperienze come sentimento profondo del sublime.

Lo sguardo ci insegna  a perlustrare a fondo questa realtà lasciando ogni cosa al di fuori e ad interpretare segni indecifrabili; gli esperti naturalisti o birdwatchers guardando attentamente il paesaggio  e traducendo un linguaggio cifrato fatto di sagome lontane riescono a vedere un orso o una poiana, dove gli altri decifrerebbero soltanto una macchia.

Questi saperi sono potenzialmente innati nell’uomo ma vanno stimolati attraverso lo studio, la sperimentazione e la disciplina, la vista e l’attenzione che per essere utilizzate nel massimo delle loro potenzialità richiedono un certo tipo di stimolazione. Per allenare l’occhio alla codificazione di figure animali in movimento per esempio esistono numerosi testi scientifici, ai quali anche un pubblico meno colto si può avvicinare, primo fra tutti ad esempio è il celebre volume “Guida agli uccelli d’Europa” di Peterson, Mountfort e Hollom in cui gli autori inserirono alcune tavole di riconoscimento di uccelli, realizzate  con delle sagome nero su bianco senza nessun altro dettaglio per stimolare il lettore nel riconoscimento delle differenti specie in relazione alla loro silouette in volo[6].

Esercitandosi in queste tecniche  che vanno dal respiro all’osservazione, l’uomo trova la sua pietra filosofale in natura, e riscopre capacità istintive perdute da milioni di anni, ma eccezionalmente presenti nel suo substrato simbolico interpretativo, tanto che con attenzione e studio l’individuo attento anche se neofita riesce in pochissimo tempo a codificare un linguaggio estraneo ai molti.

Gesti e consapevolezze semplici eppure complesse da riscoprire nella vita di tutti i giorni, eppure così necessarie nella vita dell’uomo; nell’osservazione di una corteccia c’è più filosofia che in una biblioteca universitaria, ogni speculazione , ogni moto dell’uomo parte dal dialogo con il mondo fenomenologico, ed è in natura che maggiormente si manifestano i fenomeni.

L’eterno cambiamento ciclico ma sempre diverso delle stagioni ed il costante mutamento dei panorami  e degli ambienti sono il nutrimento del misticismo umano ed è osservando questi fenomeni che nascono le domande archetipiche più profonde, lo sguardo lavora attento dall’attribuire un’anima alle rappresentazioni naturali  ecco perché i panorami e le montagne che più spaventavano gli uomini o li lasciano inermi davanti alla loro impermanenza prendono il nome di figure mitologiche e sacre: Il Pizzo del Diavolo o Monte Disgrazia nella nostra lingua italiana, o l’Heiger  il famoso Orco della lingua teutonica o Chomolungma per i nepalesi la Madre dell’Universo. Laddove lo sguardo è attento e presente è possibile identificare una scintilla di trascendenza anche per l’agnostico più convinto che davanti alle più suggestive rappresentazioni naturali non può far meno che emozionarsi e riconoscere nelle architetture arboree o montane un profondo senso di bellezza e quiete assoluta dell’anima.

[1] Eckhart. M, Le 64 prediche sul tempo liturgico, Milano, 2014.

[2] Thoreau. D. H, Walden Ovvero vita nei boschi, BUR Biblioteca Univ Rizzoli, Milano, 1998.

[3] Satyananda Paramahansa, Asana Pranayama Mudra Bandha, Satyananda Ashram Italia, 2011.

[4] Satya. S, Kundalini Yoga, Bis,  Città di Castello, 2015.

[5] Blumenfeld. L, Il libro del relax, Pan, Milano, 1996.

[6] Peterson. Mountford. Hollom, Guida degli uccelli d’Europa, Franco Muzio Editore,  Padova, 1983.