Icone Sacre dal Neolitico, indagine sul simbolismo religioso
Con piacere pubblichiamo questo interessante articolo apparso sul sito dell'Unione Cristiana Cattolici Italiani, in cui viene argomentata una teoria che già in passato era stata esplorata da Franz Boas nel celebre volume "Arte Primitiva".
Ricordiamo inoltre che all'interno dei nostri laboratori per ragazzi un grande spazio viene appunto dedicato alla Pittura Rupestre, tale forma d'arte ha un doppio valore: dal punto di vista simbolico agisce su figure archetipiche stimolando flussi di coscienza e sviluppo di autoconsapevolezza.
Dal punto di vista pratico utilizzando esclusivamente strumenti e colori autoprodotti con elementi reperibili in natura stimoliamo la manualità ed i processi psichici da essa derivata attraverso il rapporto con l'ambiente circostante.
Perchè il Primo Uomo era Religioso?
«La spiritualità è insita nella nostra natura», scriveva il compianto matematico statunitense Amir D. Aczel, docente alla Bentley University del Massachusetts, nel suo libro Perché la scienza non nega Dio (Raffaello Cortina Editore 2015), pubblicato in Italia l’anno della sua tragica morte. Si stupiva Aczel di come «l’impulso umano all’adorazione della forza creatrice risale ai primi giorni della nostra specie» (p. 51), è un tutt’uno con l’essere umano, sottolineando la scempiaggine di coloro che da secoli ne profetizzano la fine.
Gli antropologi Julien Ries e Yves Coppens hanno dedicato i loro studi all’homo religiosus, che «coincide con l’uomo in generale. L’essere umano, fin dallo sbocciare della sua umanità, è sensibile al sacro e possiede una dimensione spirituale». C’è un fattore nell’uomo che si chiama coscienza e che percepisce naturalmente l’esistenza di uno spirito superiore, di un dio che lo ha inevitabilmente generato.
In questi giorni ne ha parlato il prof. Fiorenzo Facchini, docente emerito di Antropologia all’Università di Bologna, riflettendo sul culto della Dea Madre, la divinità della procreazione, risalente al Neolitico. Ma, ancora prima, nel Paleolitico superiore (30mila anni fa) compaiono statuette di donne note come “Veneri aurignaziane” che rappresentavano la fertilità femminile. Ancora oggi luoghi destinati a camere sepolcrali o santuari, in cui è presente spesso la forma di un toro, un’altra divinità personificata però nella forma di un animale.
«E’ difficile non scorgere in tali rappresentazioni un simbolismo che si lega al senso religioso», ha commentato l’evoluzionista Facchini, «che accompagna la vita dell’uomo e si prolunga in una vita oltre la morte. Probabilmente racconti mitologici arricchivano il senso religioso, di cui il culto della fertilità e della vita rappresentavano un’espressione». Secondo Jacques Cauvin (1987) si può far risalire al Neolitico l’esistenza di una religione.
Così, la rappresentazione di Dio nasce spontanea nell’essere umano e non deriva da un’educazione religiosa la quale, ha spiegato l’antropologo di Oxford, Scott Atran, «va ad aggiungersi ad una rappresentazione di Dio già costruita. L’educazione religiosa non contribuirà in misura sostanziale alla creazione di tale immagine. Elementi come la verità e l’eternità sono già presenti nei bambini rispetto a Dio ancora prima di qualunque educazione ricevuta». Come riflettevamo in un’altra occasione: questo anelito di Infinito è ciò che davvero accomuna gli uomini di tutti i tempi, la ricerca dell’Aldilà come soluzione che possa finalmente soddisfare una mancanza incolmabile che chiunque percepisce dentro di sé nell’aldiqua, forma un “consenso unanime”.
Il teologo Francesco Brancato, docente presso la Facoltà Teologica di Sicilia, dialogando con lo zoologo Ludovico Galleni, commentava il fatto che «sin dalla preistoria l’essere umano ha avuto coscienza che la sua stessa condizione, al pari di tutto il resto degli esseri viventi, è quella propria di una creatura mortale, in possesso di un breve segmento di esistenza rispetto al grande ciclo vitale della natura. Egli ha compreso, nello stesso tempo, di essere aperto a una dimensione che non può essere totalmente assimilata a quella della sua esistenza attuale e di non essere un semplice frammento del più ampio ventaglio della natura e della sua storia» (F. Brancato e L. Galleni, L’atomo sperduto. Il posto dell’uomo nell’universo, San Paolo 2014, p. 464).
Una mera coincidenza? Uno scherzo sadico della natura? Oppure quell’inestirpabile coscienza di Dio è una “firma” posta all’interno dell’uomo dal Creatore perché la creatura non si dimenticasse e non si allontanasse troppo da Lui?